Dice uno scopre il calcio. Succede in quel modo che, quella volta – la primissima – che posa l'occhio sulle 22 coppie di gambe incrociantisi, quel brulichio variopinto di colori in campo verde gli gusta non poco e in un amen, al massimo in una settimana, eccolo che ci ricasca a posare l'occhio sul
fòbal e
bum, ce lo siamo giocati, sarà schiavo del cuoio per tutta la vita ma più ancora per il cuore.
Ecco, a quell'ex-poppante lì, vuoi perché alla foggia da spettatore ha coniugato alla bell'e meglio quella da protagonista (al massimo nel praticello dietro casa, facciamo a capirci), vuoi perché comunque il primo dei due ruoli l'ha portato in scena quelle cinque/seicento volte, alcune impressioni del meraviglioso gioco del sono rimaste volenti o dolenti marchiate sulla pelle. Quindi, attraverso le impressioni di cui, vi andrò a spiegare il perché e il percome della sesta giornata di A, che poi è la quinta e bòn, tocca abituarcisi.
La prima orma sulla pelle inscritta dalla palla da calci racconta di una legge che, più la leggo e più me ne convinco, tenderà a permanere immutata per le future generazioni di bimbi con la cresta e i piedi incantati. Codesta legge e l'impressione che la canta ci costringono a partire in retromarcia, nel narrar le gesta calcio-italiche di appena iniziato ottobre: Juventus Stadium, sì? Domenica sera, chiara la scena? Silenzio, recito l'adagio (non perché non sia scontato come gli abiti estivi a luglio ma perché, dedotto lo sconto, a qualcuno dei protagonisti non pare affatto così lampante):
«Al giuoco del calcio, se non corri non vinci». Corollario alla definizione: «Come detto, ma anche difficilmente pareggi, più spesso Bonera ci fa una figura magra anzichenò». Adesso potremmo star qui a blaterare che:
- La Juventus è matura, affamata, umile, rinnovata, atletica;
- Il Milan ha troppi infortunati e andrà giudicato solo dopo la sosta;
- È l'anno della Juve: ci ha lo Stadio nuovo di zecca, ci ha Conte che – chissà chi l'ha deciso – è un predestinato, ci ha la simpatia di quelli tutti belli ripuliti perché – poveri – gli è toccata la seriebì e lo scudetto del 2006 insomma proprio non glielo vogliono ridare, ci ha questo, ci ha quello.
A me quel che rimane addosso si riassume nella sensazione che, da qualche anno, contro il Milan, basta correre un tantino, che poi a quelli il culo gli si abbassa tanto quanto a Seedorf. Ah, no, pure un'altra cosa. Se quando ti giri verso lo schermo le immagini ti sorprendono con un 21 che, prima di realizzare che la trasmissione non è in bianco e nero, ci metti i tuoi bravi cinque secondi, benvenuto nel club dei nostalgici; smettila pure di pizzicarti, tanto quello è proprio Pirlo e non è un incubo.
Il pomeriggio domenicale mi ha annoiato, ha fatto gol Giovinco, di più non so. C'era pure la Ventura a Sky in Campo, vi pare che si potesse sopportarre la diretta?
Il sabato sera mi sa che non ha annoiato nessuno, al massimo ha fatto scendere le palle ai nuovi fan, loro malgrado, di Ranieri. Oh, Rocchi ne ha presa una? Facciamo mezza? Zanetti falcia in corsa Lavezzi, niente. Obi ruba la palla più cristallina degli ultimi 4 campionati e si piglia un giallo. Poi lo stesso omonimo di una catena di ferramenta (dotato calcisticamente tanto quanto) caccia una spintarella a Maggio – reo di essere più veloce di lui – ma ha almeno l'accortezza di farlo fuori area; Rocchi ne intuisce la malizia e lo caccia, fischiando comunque il rigore e cambiando la partita. A quel punto, i nerazzurri s'incazzano come biscioni e Rocchi Horror si mette a girandolare il giallo, ammonisce anche la zia di Chivu e, quando tutto sembra sedato – o raso al suolo –, caccia pure l'allenatore affratellato con Mourinho come le zucchine e la ghisa.
Si dirà, e sarà pur vero, che gli arbitri sono umani e sbagliano, esattamente come sbagliano i portieri, i difensori, gli attaccanti, i ragionieri. Ecco, a questo punto mi sorge un gargarismo di seconda impressione: se un attaccante sbaglia, se un difensore o un portiere sbagliano, perfino se il ragionier Fantocci sbaglia... ci rimettono loro, no? Perdono (va be', Fantocci parte perdente e perduto, ma capitemi). Ecco, su questa mia epidermide usurata dal troppo calcio, s'è tracciata la sensazione che, se sbaglia un arbitro, perde qualcun altro. E non mi pare così bello.
Tutti gli altri sport hanno intuito che alle telecamere riesce di testimoniare come i regolamenti non vengano fatti rispettare, così le hanno assunte e adesso le fanno lavorare per la loro credibilità (senza che gli arbitri abbiano messo il broncio). Al calcio questa rivoluzione copernicana non riesce. Del resto, scrivere una regola dev'essere questione ben faticosa. Che c'entra questa divagazione con l'impressione/legge di cui sopra? Semplice: le telecamere corrono più dell'arbitro, quindi vincono.
Sia chiaro, non che me ne freghi qualcosa di una Giustizia del Calcio, ma si smettesse di blaterare di facezie per ore, le orecchie del povero teleutente trovo ne gioverebbero. E forse apprezzerebbero di più – le orecchie e pure gli occhi – i gesti e le gesta, tipo quelli del Napoli.
O della Roma, che sembra aver trovato non dico la quadratura del cerchio, ma almeno quella del quadrato. Ecco, cos'è cambiato rispetto ai primi esperimenti di possesso palla asturiano? Figlioli, non vorrei ripetermi ma... quelli gialli ma anche rossi adesso corrono! Che correre con la palla, pure quando non ce l'hai proprio proprio tu ma uno con la maglietta come la tua, è una faccenda gioiosa, no? È per quello che esiste il gioco! Ti affanni, sudi, la tocchi, lui la tocca un po' pure lui, poi di nuovo tu e, se è l'istante dell'estasi copulativa (o orgiastica, nel caso del gioco corale predicato da Luis Enrique), basta una penetrazione per metterlo dentro. Dico il
fòbal.
Insomma, impressioni. La Juve, la Roma, l'Udinese e il Napoli corrono. E godono. A Milano devono essere ancora tutti in ferie, con 'sto caldo di abbracciarsi e festeggiare non c'è voglia, figuriamoci di correre. Così Campioni e Cugini aspettano, come se nemmeno fossero partiti.