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3 ottobre 2011

impressioni per forza di corsa

Dice uno scopre il calcio. Succede in quel modo che, quella volta – la primissima – che posa l'occhio sulle 22 coppie di gambe incrociantisi, quel brulichio variopinto di colori in campo verde gli gusta non poco e in un amen, al massimo in una settimana, eccolo che ci ricasca a posare l'occhio sul fòbal e bum, ce lo siamo giocati, sarà schiavo del cuoio per tutta la vita ma più ancora per il cuore.

Ecco, a quell'ex-poppante lì, vuoi perché alla foggia da spettatore ha coniugato alla bell'e meglio quella da protagonista (al massimo nel praticello dietro casa, facciamo a capirci), vuoi perché comunque il primo dei due ruoli l'ha portato in scena quelle cinque/seicento volte, alcune impressioni del meraviglioso gioco del sono rimaste volenti o dolenti marchiate sulla pelle. Quindi, attraverso le impressioni di cui, vi andrò a spiegare il perché e il percome della sesta giornata di A, che poi è la quinta e bòn, tocca abituarcisi.

La prima orma sulla pelle inscritta dalla palla da calci racconta di una legge che, più la leggo e più me ne convinco, tenderà a permanere immutata per le future generazioni di bimbi con la cresta e i piedi incantati. Codesta legge e l'impressione che la canta ci costringono a partire in retromarcia, nel narrar le gesta calcio-italiche di appena iniziato ottobre: Juventus Stadium, sì? Domenica sera, chiara la scena? Silenzio, recito l'adagio (non perché non sia scontato come gli abiti estivi a luglio ma perché, dedotto lo sconto, a qualcuno dei protagonisti non pare affatto così lampante): «Al giuoco del calcio, se non corri non vinci». Corollario alla definizione: «Come detto, ma anche difficilmente pareggi, più spesso Bonera ci fa una figura magra anzichenò». Adesso potremmo star qui a blaterare che:

  • La Juventus è matura, affamata, umile, rinnovata, atletica;
  • Il Milan ha troppi infortunati e andrà giudicato solo dopo la sosta;
  • È l'anno della Juve: ci ha lo Stadio nuovo di zecca, ci ha Conte che – chissà chi l'ha deciso – è un predestinato, ci ha la simpatia di quelli tutti belli ripuliti perché – poveri – gli è toccata la seriebì e lo scudetto del 2006 insomma proprio non glielo vogliono ridare, ci ha questo, ci ha quello.
A me quel che rimane addosso si riassume nella sensazione che, da qualche anno, contro il Milan, basta correre un tantino, che poi a quelli il culo gli si abbassa tanto quanto a Seedorf. Ah, no, pure un'altra cosa. Se quando ti giri verso lo schermo le immagini ti sorprendono con un 21 che, prima di realizzare che la trasmissione non è in bianco e nero, ci metti i tuoi bravi cinque secondi, benvenuto nel club dei nostalgici; smettila pure di pizzicarti, tanto quello è proprio Pirlo e non è un incubo.

Il pomeriggio domenicale mi ha annoiato, ha fatto gol Giovinco, di più non so. C'era pure la Ventura a Sky in Campo, vi pare che si potesse sopportarre la diretta?

Il sabato sera mi sa che non ha annoiato nessuno, al massimo ha fatto scendere le palle ai nuovi fan, loro malgrado, di Ranieri. Oh, Rocchi ne ha presa una? Facciamo mezza? Zanetti falcia in corsa Lavezzi, niente. Obi ruba la palla più cristallina degli ultimi 4 campionati e si piglia un giallo. Poi lo stesso omonimo di una catena di ferramenta (dotato calcisticamente tanto quanto) caccia una spintarella a Maggio – reo di essere più veloce di lui – ma ha almeno l'accortezza di farlo fuori area; Rocchi ne intuisce la malizia e lo caccia, fischiando comunque il rigore e cambiando la partita. A quel punto, i nerazzurri s'incazzano come biscioni e Rocchi Horror si mette a girandolare il giallo, ammonisce anche la zia di Chivu e, quando tutto sembra sedato – o raso al suolo –, caccia pure l'allenatore affratellato con Mourinho come le zucchine e la ghisa.
Si dirà, e sarà pur vero, che gli arbitri sono umani e sbagliano, esattamente come sbagliano i portieri, i difensori, gli attaccanti, i ragionieri. Ecco, a questo punto mi sorge un gargarismo di seconda impressione: se un attaccante sbaglia, se un difensore o un portiere sbagliano, perfino se il ragionier Fantocci sbaglia... ci rimettono loro, no? Perdono (va be', Fantocci parte perdente e perduto, ma capitemi). Ecco, su questa mia epidermide usurata dal troppo calcio, s'è tracciata la sensazione che, se sbaglia un arbitro, perde qualcun altro. E non mi pare così bello.
Tutti gli altri sport hanno intuito che alle telecamere riesce di testimoniare come i regolamenti non vengano fatti rispettare, così le hanno assunte e adesso le fanno lavorare per la loro credibilità (senza che gli arbitri abbiano messo il broncio). Al calcio questa rivoluzione copernicana non riesce. Del resto, scrivere una regola dev'essere questione ben faticosa. Che c'entra questa divagazione con l'impressione/legge di cui sopra? Semplice: le telecamere corrono più dell'arbitro, quindi vincono.
Sia chiaro, non che me ne freghi qualcosa di una Giustizia del Calcio, ma si smettesse di blaterare di facezie per ore, le orecchie del povero teleutente trovo ne gioverebbero. E forse apprezzerebbero di più – le orecchie e pure gli occhi – i gesti e le gesta, tipo quelli del Napoli.

O della Roma, che sembra aver trovato non dico la quadratura del cerchio, ma almeno quella del quadrato. Ecco, cos'è cambiato rispetto ai primi esperimenti di possesso palla asturiano? Figlioli, non vorrei ripetermi ma... quelli gialli ma anche rossi adesso corrono! Che correre con la palla, pure quando non ce l'hai proprio proprio tu ma uno con la maglietta come la tua, è una faccenda gioiosa, no? È per quello che esiste il gioco! Ti affanni, sudi, la tocchi, lui la tocca un po' pure lui, poi di nuovo tu e, se è l'istante dell'estasi copulativa (o orgiastica, nel caso del gioco corale predicato da Luis Enrique), basta una penetrazione per metterlo dentro. Dico il fòbal.

Insomma, impressioni. La Juve, la Roma, l'Udinese e il Napoli corrono. E godono. A Milano devono essere ancora tutti in ferie, con 'sto caldo di abbracciarsi e festeggiare non c'è voglia, figuriamoci di correre. Così Campioni e Cugini aspettano, come se nemmeno fossero partiti.


21 settembre 2011

el niño! bella sòla!

Ok, ok... l'Inter è una mezza tragedia e tutto quanto... ma fidatevi, poteva andare peggio! Tipo? Guardate qua dove sono finite alcune decine di milioni di sterline...


15 settembre 2011

Perdere la Treb... AHAHAH, no, non ce la faccio!

Seconda serata di Champions, da Carbonara birra e partita. Burp! Scusate...


Momento momento momento! Fermi tutti! Trebisonda? Sul serio? No, dico: la squadra dalle righe verticali accoppiate – in spregio a qualunque stilista – in nero e blu, quella tanto ambiziosa da divenire comica per le sue disdette, non era sepolta sotto le vittorie mancinian-mourinhiane? Moratti non era divenuto il presidente trionfale, il viandante spendaccione ripagato di tutti i sacrifici?

Sarò io, ma ben mi ricordo quando, ogniqualvolta si osava immaginare una débâcle ignominiosa e fantozziana, l'Inter andava anche oltre le aspettative appollaiate e consegnava i suoi tifosi al ludibrio milanista/juventino. Ma poi era venuta Calciopoli, poi gli Onesti, poi la Champions... tutto alle spalle. O no? Perché, davvero davvero, permettere al giornalista, che non credeva lecito sperare in tanta grazia, di titolare «L'Inter perde la Trebisonda» è cosetta che lascia senza fiato, per quanto assomiglia a una sceneggiatura tragicomica: tutto il resto – la Disputatio Gasperinis, la Roma che si farà il prossimo weekend a Milano, le tre sconfitte su tre uscite stagionali – passa in magari fosse secondo piano, magari fosse terzo, direi che passa all'attico.
Trebisonda! Ecco dov'era!

14 settembre 2011

torna la coppa orecchiuta, torniamo noi!

Ritorna Carbonara birra e partita, perché è tornato il fòbal... si stava bene uguale? Eh...

La Champions! Se conoscete un modo migliore per riappacificarvi con il pallone che vi strattona giù dalla sdraio, tornando a pretendere la poppata stagionale, vi pregherei di tenervelo comunque per voi.

La Coppa dei Campioni è un'altra cosa. Cos'è che lega un'appiccicosa serata nella provincia padana a una noche brava sulle Ramblas catalane? È il mercoledì martedì di Coppa, signora mia, ha letto il menu? Barça - Milan: trionfo di fenomeni in salsa tiqui-taca, su un letto di verdura Camp Nou. Il miglior piatto d'entrata di Chef Platini, siamo Chez Uefa, mica bruscoli.

«Chi si imbranda la figlia del Boss? Schiappe!»
Nemmeno il tempo per Nocerino di sbiancare di fronte alla platea dei Culès e alla vista di Xavi e Iniesta, che un tipetto che da papero si è trasformato in falco, con tanto di sguardo arrogante e petto gonfio, si teletrasporta in compagnia della biglia davanti a Valdes. Mentre questi e Busquets si chiedono spaesati dove siano rimasti quei trenta metri che Pato sembra non aver dovuto correre, il giovanotto che ha deciso, per non complicarsela, di farsela con il capo (del club) che è pure la figlia del Capo (del Paese), la soffia dentro e bòn, bimbi belli, il Milan è avanti a Barcellona.

Ora, tutte le fiumane di verbo e inchiostro delle settimane, che dico, dei mesi precedenti, su quanto il Barça sia la squadra più forte di sempre, sul progetto perfetto venuto da così lontano che Messi e compagnia cantante erano bimbi, sulla squadra imbattibile – concetto che prevede già l'intrigante caccia a chi sappia smentirlo –, potevano asciugarsi in quei 24 secondi serviti a una maglia bianca per fare uno? Dubitiamo. Più di noi, dubitano gli undici dipinti di blaugrana. E comincia la loro recita.

Passaggi, tocchi, ancora passaggi. E se vi sembra che la cosa sia pesante e viziata, perdonatemi, non sono qui per convincervi, ma restiamo due bestie diverse. Quella trama diventa ridondante senza mai perdere di leggerezza, di estasi, di tendenza all'altrove. E noi poveri mortali, che di questa cosa che chiamiamo Pallone per semplificarla cominciamo a pensare di non averci mai capito un'acca, non possiamo che ripetere, tipo mantra: «Non sbagliano una volta». E non sbagliano. Anzi, alzano il livello del gesto, come per dimostrarti che non conoscono il significato di difficile, lasciamo perdere quello di rischioso. Il Milan? Corre, lingua per terra, mangia la polvere, prima ci prova timidamente, poi recede da ogni belligeranza. In una parola: fatica.
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15 giugno 2011

king james? si inchini, c'è il tedesco

LeBron è un giovanottone che – semmai fosse possibile incontrare qualcuno ancora non al corrente della sua grandezza – tiene addirittura due maiuscole nell’onomastico, giusto per mettere le cose in chiaro fin dalle presentazioni. Le immagini in movimento delle sue schiacciate surfano tutte le reti e i media fin da quando era uno scolaretto (per modo di dire, era un marcantonio con la carta d’identità che diceva pubertà) e, quando è atterrato nel mondo degli alieni della pallacanestro, a nessuno è sembrato un sacrilegio che il 23 di sua maestà Michael Jeffrey Jordan gli coprisse – a malapena – le spalle.


Da allora LeBron Raymone James ha trasvolato da Cleveland a Miami, quella stessa 23 è stata data alle fiamme in piazza dai tifosi traditi, il Prescelto ha vestito la canotta degli Heat e, in quel preciso istante, l’inchiostro è piovuto sulle testate di ogni giornale gridando che, entrato a formare i Big Three (Wade, Bosh e il Nostro), LBJ non poteva non mettersi il primo anello al dito, dopo sette anni. Avrete già capito, sagaci, che la Storia non può che avere un inciampo. E con tanto di nome e cognome, e pure nazionalità: Dirk Nowitzki, from Germany. Ora, agli americani non sono mai andati a genio i tedeschi, ma questo spilungone qui, laggiù nel profondo Texas, lo adorano.

Nella città che conosciamo per JR, c’è una squadra che la palla a spicchi sa come trattarla anzichenò e che si fa condurre dal biondo teutonico. Costui è bianco e non nero, le sue pallide braccia non appaiono come la montagna di muscoli tatuata che è LeBron, il mondo intero non si inchina a lui come al Messia James, eppure. Quel trofeo dorato per cui questi mostri strapagati schiantano canestri e articolazioni per tutta la vita, l’ha alzato Dirk. A forza di canestri, infilati da qualunque angolo del parquet, saltando con quella gamba destra che avverte chiunque di stare alle larghe e le braccia geometricamente posate. Un concetto, questo, estraneo a Miami, così il basket non poteva accasarsi lì.
Per LeBron ci sarà ancora tempo, dopo tutto Air 23 vinse la prima volta a 28 anni. Per Dirk c’è la gloria, l’anello del Nibelungo, Dallas ai piedi.

16 maggio 2011

saper vincere e passarci subito sopra...

Fatemi capire... è un vizio?

10 maggio 2011

maggio, tempo di milan

da Carbonara birra e partita, l'aggiornamento su quella notizia di margine secondo cui lo scudetto è stato assegnato.

E venne maggio. E come ogni anno, si prese la briga di decidere, mese coraggioso.

È uno che spacca in due le stagioni, quelle del meteorologo, e regala il primo sole vero, le prime notti chiare e la luna finalmente all'aperto. Ma si occupa pure delle stagioni sportive e tra tante – guarda un po' – anche di quella calcionara.

«avevo detto che avremmo vinto lo scudetto».
avevi detto «tutto», ma va be'...
Mica sarete stupiti che siano rossonere le sirene che invasero in congruenza temporale le piazze romane e quelle milanesi. Io lo vo vaticinando dall'autunno scorso, dalla prima giornata di vetta, che non poteva durare; che la bolla gonfiata da Ibra era sul punto di esplodere, a momenti; avevo anche intuito che sarebbe stata la Signora torinese ad arrivare a fari spenti a strappare le bottiglie di spumante ai meneghini. Che volete farci, quando uno ha l'occhio lungo... ma poi, avete idea di quanto pallone abbiano visto queste pupille? Ancora vi pare che potrei sbagliarmi con tanta leggerezza?

«Boia, so' bell'è briao... certo se
me lo bevevo era meglio...»
Che il dicastero del pallone italiano risulti presieduto da Massimiliano I il Livornese, diciamolo, non erano in tanti ad aspettarselo, tempo fa. Eppure lui ha agguantato subito le insegne del comando, senza mai scendere la faccetta da sberle e l'espressione a metà tra il divertito e il "m'importa 'na sega". Aveva fatto finta di niente quando il Capo del Paese – prima che delle vicende lavorative di Via Turati – gli metteva una mano inceronata sulla spallina della giacca e ordinava la presenza – fantasmatica – di Ronaldinho nell'attacco dei futuri campioni. Max ha atteso poche settimane per prendere da una parte il Siòr Galliani e tagliargliela sottile sottile, tipo: «Dinho è uno scaldabagno. In spogliatoio mi vien comodo – per carità – ma sul prato è proprio sprecato, mi viene meglio mandarci un aratro tatuato e incosciente, con una voglia di vincere che neanche Valentino Rossi dieci anni fa».
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4 maggio 2011

clàsico. fine lavori

Da Carbonara birra e partita, l'ultimo atto del Clàsico più lungo della storia

Non credete a chi vi dice che non è vero. La Storia si fa con i Se, eccome.

Se il numero 10 degli altri è un piccoletto spettinato con la magia leggiadra nei piedi e il tuo 10 sta sulle spalle di Lass - figliolo del quale quanto di più leggiadro si possa dire è: "Diarra saltato ancora da Messi" - ecco, se le cose stanno così, non puoi nemmeno ritenerti vittima di ingiustizie. 
Se invece, pur di lamentarti di tutto il mondo e far la guerra ai mulini a vento ma molto meno simpaticamente di Chisciotte, ti metti a fare il guascone sarcastico, finisci in gabbia, da lì spedisci i pizzini ai tuoi prodi e la sera dell'evento clou (rima con Mou) diventi un latitante e nessuno sa davvero dove sei, forse sarà pure che tutti ti cercheranno, ma con ansia non maggiore a quella impiegata in trent'anni per Provenzano. Dilemmi da Nanni?



Se per tentare di contenere la squadra più emozionante, più piena e più vicina a essere definita "la migliore di tutti i tempi" chiedi ai tuoi marcantoni di bianco abbigliati di sporcarsi la divisa col sangue altrui, esposto a forza di calci, non è che davvero puoi lamentarti se giochi per un po' in 10 e il tuo piano - geniale, comandante! - di pareggiare a reti inviolate in casa per strappare una patta con reti a Barcellona finisce a capinere. Se, non bastasse il resto, la tua strategia è questa ma non presiedi il trono del Cesena, bensì quello della Casa Blanca, e proprio contro gli azul-grana, forse un senso di giustizia lo suscita, il fatto che te ne torni a casina.

Sì perché, se è vero - come è vero - che nel calcio non c'è giustizia (chiedete, nel caso, all'Arpino di Azzurro tenebra), il Barça suscita a noi fedelissimi un possesso di completezza e solletica una dimensione estetica che va oltre: laddove non c'è nulla e invece vien voglia di alloggiarci proprio questa sublime intesa tra le maglie catalane e la perfezione della fisica, della realtà, della gioia. La gioia dei Cules nell'arena del Camp Nou, gridare Olè intorno al campo verde, saltare per ore mentre la sfera accarezza sempre e solo i piedi dei tuoi, vedere la rete gonfiarsi e capire che è fatta.

E non servono spiegazioni, e se Guardiola filosofa, come fece un mese fa tornando a Brescia, che lui non sa che consigli dare per fare grande una squadra, lui, per vincere, usa Messi, spiegazioni nemmeno le andiamo cercando.
Guardiamo, godiamo, Finale.

1 maggio 2011

El Clásico


Una nuova giornata di Liga se ne va. E non cambia nulla! Il Barça perde e il Madrid perde pure. La differenza? Piccola, tutto sommato... i catalani restano a +8 e sono sostanzialmente campioni e, non bastasse, si siedono al Camp Nou ad attendere che i rivali vengano a tentare di ribaltare le sorti già scritte della Champions. Per il Real, inguaiato dalla missione impossibile che tuttavia gli toccherà tentare, arriva un'altra sconfitta. In casa. Laddove Mourinho era stato inviolabile per nove anni, tre violenze in un mese. Non malissimo.

Vi propongo un'opera che riassume la situazione. Non solo quella della rivalità più osservata dello sport attuale, ma pure un po' quella del magistero pallonaro tutto.

Dal gruppo di filmmakers di cui vedete il logo qui accanto [e qui il sito, toh], una rivisitazione di un evento che dovrebbe ricordarvi qualcosa anche se non siete malati di pallone... buona visione!

28 aprile 2011

ho visto il messi(a)

da Carbonara birra e partita, quella cosuccia capitata iersera...

Terza sfida su quattro e stiamo in parità: una vittoria a testa e un pareggio. Oddìo, questo è un punto di vista, magari un po' parziale. Una realtà più articolata vorrebbe che il pareggio della prima gara al Bernabeu ha sostanzialmente consegnato la Liga alla capitale catalana. Che, in seconda battuta, è bastato un golletto ai supplementari per portarsi a casa la Copa del Rey (salvo farla piallare dal proprio autobus poche ore dopo). Infine, ultimo evento vecchio di una mezza giornata, che in Champions la strada è segnata e sembra dipinta con secchiate di blau e di grana.

Francamente, le polemiche Specialone post (ma anche pre, ma anche durante) match d'andata lasciano il mio tempo un po' come l'hanno trovato e preferirei far giudicare a Voi – qualora vi importasse – se Lui abbia ragione oppure no ad accusare il Barça di sfruttare una protezione esclusiva da tutte le classi arbitrali planetarie.

A me colpisce molto, piuttosto, la sua tenace e insistita missione di trasformare quella contro il Barça in una battaglia, in un torneo medievale senza regole se non l'obbligo di restare in piedi, solitari, all'ultimo istante. E allora, tutti in campo all'arma bianca, mirando a  recidere ogni virgulto di calcio che tenti di germogliare dai piedi dei piccoletti catalani. Quando poi Mou scopre che lo lasciano in dieci (ancora una volta!), inscena un teatrino e recita la parte del derubato che si indigna, cercando di istigare la polveriera Santiago a esplodere e trascinare nella deflagrazione anche gli animi dei calciatori, per inibire il calcio, cioè quello che possiedono solo gli altri. 
Infine, con la qualificazione compromessa ma ancora non vietata, a José non passa altro per la testa che continuare a lavorare ai fianchi i rivali, se poi questo lavoro non sarà bastato, be', lui cos'ha da perdere?
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26 aprile 2011

sondaggio real-barça

il sondaggio pallettaro da Carbonara birra e partita

[Edit: così titola da ieri sera il sito ufficiale del Barça
Andrés Iniesta, con molestias en el sóleo de la pierna derecha, baja ante el Madrid
problemino da poco, per Pep? Quanto sposta l'assenza dell'8 nella semifinale? Votare...]
niente semi per Andrés...

Ok, cioccolatata primaverile andata, constatato il largo vantaggio del Milan in classifica, l'incapacità dell'Arsenal di riprendere il Man U e il Real che, pur procedendo a valanga, non riesce ad avvicinare quelli blaugrana, resta da concentrarsi proprio su quest'ultime due.

Ci siamo, la quadruplice sfida tra Madrid e Barça sta arrivando al punto più alto, tutto sommato una cosetta da niente: la semifinale di Champions. Sarà probabilmente l'incontro (doppio) più significativo, affascinante e suggestivo dell'anno, anche più della finale che ne scaturirà, secondo solo al fascino classico della prossima Brescia-Sampdoria.

Insomma, dite dite: come finisce mercoledì sera, nell'andata Real Madrid - Barcellona?

25 aprile 2011

serie a, siete poco normali

aggiornamento di serie A da Carbonara birra e partita

Sabato pomeriggio, mi chiedo se sia già ora di tirare un pugno all'uovo fondente e mi prendono alle spalle con una giornata di campionato. Che c'è, non vi piace giocare a pasqua?


Niente, tutti di sabato... e mica è l'unica anomalia di giornata, no! Per esempio – tenetevi forte – Robinho l'ha messa. Sì! Davanti al portiere, da solo e con una biglia decisiva, non l'ha sparata alta o appoggiata fuori e nemmeno ha centrato il corpaccione di Arcari. L'ha proprio accomodata al di là della riga gessata. Sarà che giocavano alle 19 (poco normale anche questo)?

Ne esce che il Brescia, fino a un istante prima capace di terrorizzare la capolista e sognare tre punti salvezza, ha cominciato a malincuore a scrivere i saluti alla serie A – il Bari, del resto, aveva iniziato da tempo e adesso ha messo il punto finale sulla cartolina.
E ne esce, soprattutto, che il Milan sta a più otto dalla seconda e ormai ago e filo sono già in mano. Anomalo? A me sembrava impossibile fino a poche settimane fa, vedete voi.
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21 aprile 2011

clasico (parte 2 di 4) - il real travolge la copa

Anteprima da Carbonara birra e partita. E, qui sotto, il gustoso video di Sergio Ramos che fa il guascone e si regala una solenne figura di merda.

È andata la seconda delle quattro. Come in ogni thriller che si rispetti, la successione degli eventi è un crescendo e ci teniamo i brividi più intensi per la fine, con la doppia sfida di Champions.

Intanto, però, il primo titolo del finale di stagione ispanico se ne va e prende alloggio sulle bacheche del Madrid. Sì, quelle parecchio appesantite ma anche piuttosto polverose dei Bianchi, gli stessi che aspettano da parecchi anni la Coppa con le Orecchie che, d'altra parte, sarebbe la decima. Poco, dite? Figuratevi che, per un fenomeno analogo, anche la Copa del Rey girava al largo dal Bernabeu da un po' di giorni, qualcosa come diciotto anni.

E invece, sarà quello Speciale, sarà che Cristiano è un vincente, sarà che avere di fronte il Barça è francamente un'altra cosa. Fattostà che è la Casa Blanca a dare alloggio al simbolo reale, come sembra logico che debba essere. Eppure, niente di meno logico, se considerate che il gioco del Barcellona, non tanto e non solo per la manita ormai mitologica, veniva ritenuto di un altro mondo, incontenibile, favoritissimo prima del quadruplice Clasìco. E adesso che siamo a metà strada, il Real ha preparato il terreno come meglio non poteva sperare.
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18 aprile 2011

diagnosi per la serie A

trentatreesima di A su Carbonara birra e partita

«Mi sa che c'ho la febbre...»
«Dica "trentatrégiornate". Uhm... Signora mia Beneamata, non mi piace neanche un po' questo rumore che sento all'altezza del cuore, appena sotto lo scudetto. E il termometro dice meno otto, un febbrone.
Mi prende tre pastiglie di Leomicina al giorno, perché 'sta infezione ribelle bisogna che la estirpiamo dallo spogliatoio. Il fiato corto, dice? È normale, sentirà anche le gambe pesanti e faticherà un po' a inquadrare la porta, vero? Eh lo so, sono malanni di fine stagione. Ma non vanno sottovalutati, sennò si rischia di restare senza Coppa l'autunno prossimo. E al siòr Massimo chi glielo spiega, poi? Per carità!
Prego? Le caramelle Mou? Mah, la minestra riscaldata è un po' il rimedio della nonna, ma se le piace... Arrivederci eh, torni se non migliora e lasci perdere gli ospiti tedeschi, per un po'. E niente prosciutto, che il Parma è indigesto! Avanti un altro!»
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17 aprile 2011

clasico – parte 1 di 4

Da Pizza birra e partita, il primo Clasico della serie più bella dell'anno.

E adesso ci siamo. Questa primavera che è arrivata di corsa, con incedere più lento solo della marcia di Raul nella classifica dei goleatori di Champions, sta già volando via scaldando gli ambienti.


E l'ambiente più caldo del mondo, laddove si butti una sfera a rotolare su un prato, si respira in quella fetta di terra, larga qualcosa come seicento chilometri, che divide Barcellona da Madrid. Seicento chilometri che si riassumevano in otto punti, fino a ieri sera.

E ancora in quegli stessi otto punti, al termine del duello de Santiago Bernabeu, stanno rinchiusi i due sentimenti più eminenti del popolo spagnolo, dei popoli che lo compongono: Castiglia e Catalunya, Castellano e Català (gli idiomi), El Madrid y El Barça. Quanto stiano vibrando gli animi maturati fin dall'infanzia, generazione dopo generazione, intorno allo spartirsi tra regno madrileno e regno catalano, è difficile immaginarlo se non si vive quella frequenza emozionale sulla propria pelle, convivendola nella propria carne.
Ma che il destino abbia deciso di mettere di fronte due dei simboli più vigorosi dell'odio reciproco, le rappresentanze pallonare, proprio in questo momento è un evento vero, pieno, incalcolabile.

11 aprile 2011

calcio straniero in diretta

aggiornamento del calcio estero da Partita carbonara

Prego? Scusate, ero distratto. Guardavo quel folletto di Luis Suarez spostarsi a un centinaio di miglia all'ora con una palla per compagna, salvo poi dirigerla verso un angolo e maledire, infine, quell'impiccione di Hart che la deviava con la manona e la faceva cozzare sul palo. Sì, affezionati, si stanno trattando male a vicenda Liverpool e Manchester City, in un Monday night di prestigio che... GOAL! Che emozione, il mio primo centro commentato in diretta! Andy Carroll ha messo tutto il corpaccione in un sinistro che somigliava più a un tracciante e la sfera, scioccata, è scappata via con traiettoria indignata per rifugiarsi nella rete.

Bene, lasciamoli continuare nei loro affari – non temete, un occhio lo lascio al teleschermo e se si agita qualcosa vi avviso – e approfittiamo di questa espatriata per vedere come stanno le cose: qui in terra d'Albione mi sentirei francamente a disagio nel mettere in dubbio il trionfo in Premier del Manchester Utd. Eppure niente vieta all'Arsenal di riprendere i Diavoli Rossi lassù, tanto più che i Gunners devono recuperare un match e, verosimilmente, dovrebbero rimontare solo quattro punti in sei gare. Se può riprenderne cinque l'Inter, perché non ne sarebbero all'altezza quelli di Arsène Wenger?
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10 aprile 2011

cavani, il momento dell'uccisione

Da Partita carbonara, due parole sul fenomeno del Napoli

Il matador è quel torero ormai esperto che, superato il grado di novizio e dimostrate le sue abilità, la propria eleganza e la letalità degli intenti, può diventare il protagonista assoluto e indiscusso delle corridas de toros. Matador, per chiunque sia nato alfabeteggiando in lingua spagnola, è l’uccisore. Ma non crediate che il titolo di colui che porta la morte sia rimasto l’unico caricato sulle spalle di un torero nella plaza. Che egli sia il mortifero ambasciatore, per le bestie magnifiche e sbuffanti che lo affrontano, non v’è dubbio riguardi la questione fondamentale, nel giudizio sul suo onore: ma a decidere di lui non è il fatto che faccia scendere il momento supremo, piuttosto sono il come e il quando lo faccia. Più importante della fatalità è la dimostrazione di saperla manipolare; solo quando questo esercizio sarà una commistione di sapienza e arroganza – analoga a quella del divino – il pubblico nell’arena sospenderà il respiro, si lascerà rapire i sentimenti e tributerà la sua ovazione.

Badate bene, o attenti affezionati, che già da qualche riga stiamo parlando di Edinson Cavani. Il nome di El Matador, sulla carta d’identità dell’uruguagio, è ormai marchiato indelebilmente e lui, corrida dopo corrida, non fa che convincere i suoi battezzatori di aver scelto bene.
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6 aprile 2011

(s)quarto di champions

da Partita carbonara, due parole sulla bella figura di iersera.

Tema in classe: Tenendo conto dell'attuale situazione politica italiana, dei regimi alimentare e militare cui ti ispiri, delle circostanze in via di compimento in Africa settentrionale e della profondità della Fossa delle Marianne – con relative influenze sulla religione di stato cubana – ritieni plausibile che Sneijder sia ancora disposto a buttarsi nel fuoco per il suo allenatore, come proprio lui sostiene di essere stato un anno fa?

Svolgimento: No.

Ho preso 5. Come l'Inter. Eppure ero certo di aver risposto correttamente. Il fatto è che, come dichiarano ogni tre per due sia Wesley che Zlatan, le rosse fiamme, entro cui sacrificare se stessi per compiacere dio, fanno da aura celeste solo a quello Special. E, non so bene come dirvelo, o fedelissimi in casacca nera ma anche un po' azzurra: José non è più l'allenatore della Beneamata.

Leonardo ha tutto l'Espìrito di questo mondo – e quello che non ha riesce a vederselo in spogliatoio salire da ogni dove – ma non mi risulta che con l'aiuto dei distillati si vincano i trofei, figurarsi con quello divino. Adesso sento dire in giro che la stagione dei Campioni del Mondo si è fatta un salto nel water closet e ne è rimasta sor-presa per lo sciacquone tirato da Raul Gonzalez Blanco e combagni in bianco che però non sono il Real.
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4 aprile 2011

tranquilli, c'è anche il derby

Da Partita carbonara, che attività oggi! Parliamo di derby...

Ok, del Napoli abbiamo detto. Ma non è che il weekend thriller si esaurisse lì, scherziamo?
Sabato sera, per esempio. Sono lì che addento una lasagna e, nemmeno il tempo di fare complimenti alla crosta e apprezzamenti alla cuoca (e apprezzamenti sui miei complimenti), mi viene offerta una fetta di salame nostrano seguita da una coppa di budino, più in fretta di quanto io avessi potuto sbrigarmela con il primo boccone di ragù e besciamella. Involto come bacon in questo bailamme gastronomico, quasi mi strozzo quando capisco che la voce diffusa dalla tivù appena accesa, dall'altra parte della sala, è concitata perché il derby della Madunina non solo è iniziato ma si fa trovare già incanalato dal Papero con le piume verdeoro.

San Siro era già rossonero per via della casalinga volontà del calendario e aveva approfittato della superiorità numerica per insultare a voce stentorea quel traditore di Leonardo con tanto di scenografia invero nient'affatto memorabile. Ma tutto veniva fatto dimenticare proprio da uno di quei pupilli che il Leo aveva introdotto a Milanello dalla porta principale ma tenendolo sotto la propria ala poliglotta. Pato, uno a zero e il derby può iniziare.
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Serie A... ah no, Napoli

Da Partita carbonara, l'aggiornamento che doveva essere sul weekend di A, con derby di Milano e tutto, ma mi sono fatto un po' prendere la mano da Cavani... rimediamo presto!


E in un attimo succede di tutto. Tutto quello che sei stato portato a credere per settimane si incrina e hai i tuoi bei problemi a fare i conti con il nuovo orizzonte. Questo campionato ci aveva abituato al tedio fin da settembre, perfino nelle domeniche più decisive aleggiavano delle spire scure e intorpidenti e – come? – proprio ora che Mademoiselle Primavera svela le coltri e solleva gli sbadigli mattutini mi alzate i bpm della Serie A? C'ho il cuore debole, io.
El Matador e il toro
A onor del vero, il primo colpevole di attentato cardiologico era stato il redattore del calendario del weekend: si incontravano Milan e Inter, Napoli e Lazio, Juventus e Roma, Catania e Palermo. Un po' pochino? Chiedetelo a chi stava al San Paolo ieri, con lo stomaco in rivolta prima per la fame e, poi, per lo sconquasso inscenato sul prato. Ci vorrebbe un quotidiano intero solo per il secondo tempo di Napoli contro Lazio, terza contro quinta, Cavani e Lavezzi contro Zarate e Mauri, Mazzarri – il nuovo condottiero – contro Reja – il vecchio eroe della rinascita partenopea. Ora, mi chiedono se ciò che ci ha mostrato il palco che per sempre sarà maradoniano può significare una bomba steroidea di convinzioni che facciano trottare l'Asinello verso lo Scudo. Difficile, davvero, da dire.
Io so per certo che se vi siete persi la gara dell'ora di pranzo siete degli sciagurati e solo Youtube può parzialmente redimere le vostre anime; ma, soprattutto, giurerei che De Laurentiis – col viso fanciullescamente tripudiante di fine partita – sta setacciando mari e terre, un sacco pieno di banconote in spalla, per scovare lo sceneggiatore che ha ideato un siffatto thriller.
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