10 maggio 2011

maggio, tempo di milan

da Carbonara birra e partita, l'aggiornamento su quella notizia di margine secondo cui lo scudetto è stato assegnato.

E venne maggio. E come ogni anno, si prese la briga di decidere, mese coraggioso.

È uno che spacca in due le stagioni, quelle del meteorologo, e regala il primo sole vero, le prime notti chiare e la luna finalmente all'aperto. Ma si occupa pure delle stagioni sportive e tra tante – guarda un po' – anche di quella calcionara.

«avevo detto che avremmo vinto lo scudetto».
avevi detto «tutto», ma va be'...
Mica sarete stupiti che siano rossonere le sirene che invasero in congruenza temporale le piazze romane e quelle milanesi. Io lo vo vaticinando dall'autunno scorso, dalla prima giornata di vetta, che non poteva durare; che la bolla gonfiata da Ibra era sul punto di esplodere, a momenti; avevo anche intuito che sarebbe stata la Signora torinese ad arrivare a fari spenti a strappare le bottiglie di spumante ai meneghini. Che volete farci, quando uno ha l'occhio lungo... ma poi, avete idea di quanto pallone abbiano visto queste pupille? Ancora vi pare che potrei sbagliarmi con tanta leggerezza?

«Boia, so' bell'è briao... certo se
me lo bevevo era meglio...»
Che il dicastero del pallone italiano risulti presieduto da Massimiliano I il Livornese, diciamolo, non erano in tanti ad aspettarselo, tempo fa. Eppure lui ha agguantato subito le insegne del comando, senza mai scendere la faccetta da sberle e l'espressione a metà tra il divertito e il "m'importa 'na sega". Aveva fatto finta di niente quando il Capo del Paese – prima che delle vicende lavorative di Via Turati – gli metteva una mano inceronata sulla spallina della giacca e ordinava la presenza – fantasmatica – di Ronaldinho nell'attacco dei futuri campioni. Max ha atteso poche settimane per prendere da una parte il Siòr Galliani e tagliargliela sottile sottile, tipo: «Dinho è uno scaldabagno. In spogliatoio mi vien comodo – per carità – ma sul prato è proprio sprecato, mi viene meglio mandarci un aratro tatuato e incosciente, con una voglia di vincere che neanche Valentino Rossi dieci anni fa».
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