21 marzo 2011

rece: altai – wu ming

Da Visioni Carbonare, la recensione dell'ultima fatica collettiva di Wu Ming. Non l'avete letto? Dopo questa recensione, vedrete, non cambierà nulla.


Ben strano concetto, quello di tolleranza. Recita il dizionario: «Capacità di resistere a condizioni sfavorevoli senza subirne danno». I linguaggi mediatici e, di riflesso, i linguaggi quotidianamente condivisi, ci abituano all’uso della parola tolleranza nel campo semantico dell’immigrazione. E non v’è alcuno che, sentendola, la avverta carica di connotazione negativa. Eppure, alla lettera, essa ci parla degli stranieri come di una forza minacciosa da sopportare e superare. Questa tolleranza non supera la scissione, non risana la frattura razzista tra «noi» e «loro».
L’incontro tra culture diverse, la commistione di saperi e tendenze millenari, la creazione comune di una civiltà figlia di quelle immense risorse; questo uno – forse il più permeato e allegorico – dei motivi di Altai, ultima fatica collettiva della Wu Ming Foundation. Un motivo che prende il nome di tahammül e non è certo un caso se proprio quel nome era il titolo provvisorio del nuovo romanzo.
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